Quando si parla di usabilità ci si dimentica spesso che un grosso corpus di ricerche proviene dallo studio dell'usabilità di interfacce software. Gli stessi principi euristici di Nielsen e anche quelli di Tognazzini, visti nel precedente articolo, sono basati su ricerche in quel settore. La trasposizione dei medesimi principi sul web è avvenuta naturalmente, in maniera quasi implicita.
Eppure, vi sono delle differenze fra il web design e il design delle interfacce di software. Questo significa che i principi non sono più validi sul nuovo dominio? No, significa che qualcuno dovrebbe preoccuparsi della loro validazione, come minimo. O di raccogliere dati specifici e confrontarli con i precedenti.
In attesa che questo avvenga, non possiamo certo ignorare principi che hanno dimostrato spesso una forte validità. Ma dobbiamo certamente essere cauti nel considerarli definitivi.
Per capire meglio il problema, tuttavia, è utile una panoramica che identifichi le differenze principali fra i due ambiti.
La bibliografia in rete non sembra poi essere molta, sorprendentemente. Si sono scritti fiumi di righe sull'usabilità, ma ben pochi articoli sulle differenze o sulle somiglianze fra i software e il web. Fra questi pochi, l'immarcescibile Nielsen dice la sua in un articolo del '97.
Questione di controllo.
Secondo Nielsen, la differenza principale fra i due tipi di interfacce risiede nella differenza di controllo. Mentre i GUI designer (designer di Graphic User Interfaces) hanno il totale controllo sull'aspetto finale dell'interfaccia, sul web questo non è possibile a causa di svariati motivi.
Primo fra tutti, la differente dotazione hardware e software dei diversi utenti (oltre naturalmente ai ben evidenti limiti dell'HTML nella visualizzazione). Il problema è ben noto ai web designer, ed è stato segnalato con puntualità anche da Sofia Postai nel suo "Siti che funzionano". La Postai conclude, per una volta, allo stesso modo di Nielsen: il web designer deve accettare questa variabilità e farsela amica, rinunciando al controllo di ogni singolo pixel in virtù di una progettazione flessibile che tenga conto delle differenze di visualizzazione fra piattaforme diverse.
Giustamente Nielsen nota che la diversità della resa nei diversi dispositivi deve essere considerato non un baco (cioè un errore), ma una caratteristica dell'ambiente web.
Il differente grado di controllo riguarda non solo la visualizzazione, ma anche ciò che all'utente viene reso possibile. Mentre nei software il progettista decide quali azioni rendere in ogni momento disponibili (ad esempio, disattivando alcune voci di menu, con il caratteristico colore grigio), il web è invece liberamente esplorabile in ogni momento. Non siamo nemmeno sicuri che l'utente entri nel sito passando dall'home page o da qualunque altra entry-page ci preoccupiamo di rendere disponibile.
Più in generale, mentre il software viene percepito come un ambiente chiuso, nel quale c'è tempo per imparare specifiche funzionalità, che possono in certa misura essere anche diverse dal prodotto concorrente, Nielsen sostiene che il web viene percepito come un tutto, e diventa un genere a sé, nel quale non è conveniente per nessun sito differenziarsi troppo dalle convenzioni tacite che si vanno stabilendo.
Spingendosi oltre, il guru danese ventila proprio la definizione formale delle convenzioni cui attenersi per rendere l'esperienza sul web più simile fra i siti e quindi più facile per l'utente. Opinione che giustamente gli vale la pessima fama di 'omologatore' e che per nostra fortuna non è mai stata veramente realizzata.
Del resto chi potrebbe mai obbligare un web designer indipendente a seguire le convenzioni sul proprio sito sperimentale? Questi siti non omologati continuerebbero comunque a circolare e a formare la diversità delle esperienze dell'utente, ampliandone le conoscenze e fungendo spesso anche da punto di paragone per gli altri siti, che finirebbero in alcuni casi per sembrare ancora più piatti (cosa che le aziende temono come la peste, anche se forse sono altri gli aspetti di cui dovrebbero preoccuparsi).
Il contenuto e l'esperienza dell'utente.
Vi è però un altro tipo di differenza che Nielsen nota fra i siti web e i prodotti software, che a mio parere è ancora più significativa, perché ha molte implicazioni non propriamente ovvie.
Ovvero: mentre i software hanno a che fare soprattutto con funzionalità, il web, piaccia o no, è un mezzo basato essenzialmente sul contenuto.
Testuale, grafico o multimediale, il vero fulcro dei siti non sono le funzionalità, in sè abbastanza primitive, ma l'interazione fra strumenti di navigazione e aree della pagina destinate interamente ai contenuti, sia informativi che meramente emotivi, d'atmosfera (come la maggior parte della grafica).
Questo pone ai designer problemi nuovi e del tutto assenti nei software. Per di più i contenuti spesso sono prodotti da fornitori esterni indipendentemente dai graphic designer e dagli interaction designer. Viceversa, nel campo software, dati e logica di business sono interni alla struttura produttiva, la quale si occupa anche della progettazione e può avere proficui scambi fra i reparti che spesso sono invece complicati nelle web agency, dove diversi aspetti del progetto sono affidati a staff differenti.
Succede così che chi deve produrre il contenuto non lo faccia in un formato che tenga conto di una task analisys o elaborato attraverso una progettazione centrata sull'utente. Anzi, il più delle volte è il designer a dover adeguare l'interfaccia a un contenuto già preconfezionato, ignorando magari il modo in cui un utente preferirebbe fruirne.
In un interessante editoriale comparso su www.uidesign.net viene fatto l'esempio delle previsioni del tempo e degli orari aerei, che vengono forniti in maniera del tutto generica, completa di dati aggregati in maniera poco intuitiva o codici incomprensibili. Magari un utente ha invece bisogno di sapere se l'aereo è normalmente in orario, se il maltempo provocherà ritardi, o come si arriva all'hotel a partire dall'aeroporto, tutte informazioni che forse sono disponibili, ma attraverso percorsi diversi da quelli che sarebbero necessari (e che verrebbero spontanei) all'utente (N.d.r.: l'esempio è stato adattato).
In generale, la presenza di contenuto implica l'azione di altre regole: i contenuti sono fra le caratteristiche di un sito che consentono la formazione dell'esperienza complessiva da parte degli utenti. Esperienza intesa come qualità dell'interazione, come abitudine, conoscenza pregressa.
I contenuti sono ciò che rende il sito attraente, utile, di tendenza, noioso, buffo, misterioso, affascinante. In poche parole, sono una componente forte della soddisfazione d'uso. Ma, come abbiamo visto, anche i contenuti necessitano di particolari modi di fruizione, di navigazione, per poter soddisfare l'utente, quello specifico utente, diverso magari da altri.
Se i contenuti sono una delle caratteristiche che vanno a formare la soddisfazione d'uso, sono allora necessariamente campo di interesse dell'usabilità. E tuttavia non vi sono ricerche precedenti sulla fruizione di contenuti nel campo software, perché i software sono ambienti di lavoro (discorso parzialmente diverso per i cd-rom, che però sono un mezzo privo dei vincoli che attualmente caratterizza internet).
L'usabilità pare muoversi allora in mezzo ad una sorprendente ricchezza di nozioni e regole per quanto riguarda funzionalità e navigazione (e si tratta, ricordiamolo, di norme ancora in larga parte disattese…), grazie anche alle ricerche sulle GUI e -ma solo in parte- sullo stesso web. Ma è ancora agli albori per quanto riguarda la presentazione e la fruizione dei contenuti, ovvero una delle parti predominanti di un sito web.
Le norme sulla scrittura dei testi, di cui abbiamo già parlato, sono un esempio di come pensare un testo per il web. Ma vi sono molte possibilità inesplorate e non sperimentate per offrire servizi, utilità, contenuti che possono non essere semplicemente articoli o testi di presentazione.
Alcuni spunti utili (scarsamente tenuti in considerazione) possono venire da tutto un filone di studi sulla presentazione simultanea di informazioni verbali e non verbali (visive e auditive) nell'ambito della comprensione dei testi e delle difficoltà di apprendimento.
Alcuni esperimenti per esempio dimostrano che la presentazione di materiale iconico (figure, animazioni, diagrammi) assieme a testi scritti influenza la comprensione, e può in specifici casi addirittura ostacolarla, perché richiede l'integrazione di informazioni provenienti da fonti diverse (Schnotz et al. 1993). Molte ricerche sono in corso, e non possono che avere un forte impatto su quella che domani sarà la nuova usabilità del web.
L'esperto di usabilità web si va così sempre più configurando per il futuro come un integratore di conoscenze. In parte si tratta di conoscenze riguardanti il design di interfacce, l'analisi dei compiti, lo studio dell'utente. Ma in parte l'esperto deve avere competenze di comunicatore, essere capace di occuparsi a tutto tondo di media e di contenuti, con l'obiettivo di fondere conoscenze provenienti da campi di studio diversi e apparentemente poco affini, ma che concorrono in maniera determinante a formare l'esperienza dell'utente sul web.