Negli ultimi anni si è diffuso un settore della progettazione web che non ha a che fare con come sono disegnate le pagine, ma con come sono scelte le voci di navigazione e con l’organizzazione tematica dei contenuti che riflettono. In molti siti (di contenuto e e-commerce soprattutto) uno dei problemi è che dalla home page (o da una pagina di atterraggio qualunque) l’utente riesca a capire che esiste il contenuto che sta cercando e capisca dove cliccare per arrivarci.
Chi cerca (e non) trova
Findability è la parola inglese che, tradotta con “trovabilità” (non un grande neologismo, ma non lo è neanche “usabilità”), indica proprio la facilità con la quale si trovano informazioni in un sistema complesso. Non necessariamente online, ma per quel che ci riguarda ci fermiamo all’online. La findability riguarda anche l’architettura dell’informazione: come classificare gli oggetti in un sistema concettuale coerente e mantenibile nel tempo, che consenta di organizzare i contenuti in maniera opportuna. Ma oltre all’architettura dell’informazione, a contare è il labeling system, cioè il modo in cui sono scelte e poi mostrate le etichette che organizzano tali contenuti nelle pagine web.
Il problema principale della findability è definire cosa l’utente vuole cercare. Idealmente tutto quello che il sito vuole contenere, anche quello che l’utente non sa che ci può essere.
Ma, mentre per far emergere un contenuto che non si sa che c’è il termine più adeguato (e le tecniche relative) è quello di “discoverability”, la scopribilità del sistema, la findability deve fare delle supposizioni su quali siano per lo meno i contenuti più importanti per la maggioranza degli utenti, e accertarsi che quelli vengano trovati.
Il primo passo per una buona findability è dunque capire cosa l’utente vuole cercare, almeno nella maggioranza dei casi
Information Architecture e Findability sono collegate, ma non sono la stessa cosa. Se la prima riguarda come organizzare i contenuti, la seconda si occupa di come farli trovare. E’ evidente che ci dev’essere un accordo fra le due, ma dal punto di vista dell’utente è importante soprattutto la seconda. E questa ha a che fare soprattutto con il modo in cui si assegnano le etichette verbali. Dal punto di vista dell’organizzazione e della gestione del sito, invece, sono ovviamente importanti entrambe. Nella procedura che proponiamo si tiene dunque conto di entrambe.
Come mettere d’accordo IA e Findability?
Negli anni si sono evoluti strumenti utli a raccordare le pratiche di identificazione di una organizzazione dei contenuti solida con un labeling system adatto all’utente. La filiera di azioni e strumenti probabilmente migliore, per la mia esperienza (confortata anche da altri professionisti su una varietà di progetti) è quella di far seguire ad un processo di card sorting più o meno ampio ed esteso, una serie di reverse-card-sorting, o analisi dell’alberatura, che serva a definire meglio le voci del menu.
Il problema da risolvere è infatti il seguente: una volta organizzati i contenuti con il card sorting, come possiamo sapere che effettivamente le voci scelte (inevitabilmente con un margine di soggettività) e la profondità dei percorsi siano adeguati ad un utente che sta cercando delle informazioni?
Non lo sappiamo: perciò dobbiamo testarlo. Ma invece di testarlo con un oneroso test di usabilità, sovradimensionato rispetto ai nostri obiettivi, testiamo soltanto la facilità di trovare quello che abbiamo definito nei nostri obiettivi di findability, attraverso un’analisi dell’alberatura. Questa consiste nel presentare agli utenti solo i menu di navigazione, senza layout di pagina, chiedendogli di trovare le informazioni che sono state definite negli obiettivi di findability precedentemente identificati. A quel punto, registrando come l’utente si muove fra i menu, capiremo fin dai primi click se l’utente sta cercando nel “ramo” giusto dell’albero di navigazione, dove si blocca, dove torna indietro, dove pensa di trovare le informazioni. Le informazioni vanno analizzate in maniera aggregata, per capire quanti utenti scelgono una voce o l’altra, quanto disperse sono le scelte, a che punto e quanti di loro tornano indietro, e così via.
In pratica, se il Card Sorting è l’analisi dei contenuti e dei modi in cui la maggioranza delle persone li organizza concettualmente, l’analisi dell’alberatura è il test che una navigazione così ottenuta sia efficace.
L’analisi dell’alberatura
Esistono diversi strumenti per effettuare l’analisi dell’alberatura. Il più noto è forse Treejack di Optimal Workshop. La cosa importante, però, è che iniziate a prevedere nell’insieme degli strumenti di progettazione del sito l’uso di questo “arnese”: vi cambierà la vita.
I vantaggi dell’analisi dell’alberatura sono infatti molteplici:
- E’ uno strumento empirico. Raccoglie dati su quello che le persone fanno, non su quello che crediamo che facciano. Proprio come il test di usabilità.
- Consente di identificare i problemi e di adottare strategie per risolverli (modificando l’alberatura o le etichette verbali scelte)
- E’ progressivo e facilmente ripetibile. La cosa migliore è che in ogni tornata consente di verificare i miglioramenti degli utenti: da tassi di trovabilità bassi, i numeri salgono inesorabilmente assieme alle voste modifiche, testimoniando la bontà del lavoro svolto.
In un progetto, consiglio almeno due, ma meglio tre o quattro tornate successive di analisi dell’alberatura. Se compiute correttamente, la facilità di ritrovare le informazioni aumenta drasticamente.
Un miglioramento reale
E non è solo un artefatto dello strumento: la cosa interessante è che i progressi nella facilità di trovare le informazioni si confermano di solito anche nei successivi test di usabilità. In recenti progetti, dopo aver svolto almeno tre tornate di analisi dell’alberatura, ai test di usabilità successivi il tasso di successo nei compiti di ritrovamento di informazioni ha superato il 90%. Differenziandosi nettamente dai tassi di successo dei compiti operativi, dove invece di trovare informazioni veniva richiesto per esempio di interagire con i form. Di fatto, grazie ad una corretta procedura di definizione dell’analisi dell’architettura e del labeling system, ai test di usabilità abbiamo dovuto occuparci solo di migliorare l’interazione con i form, visto che il sito non aveva praticamente alcun problema legato alla navigazione o alla ritrovabilità delle informazioni.
In casi estremi, dove il budget sia basso e il tempo per un card sorting non ci sia, consiglio di non rinunciare comunque all’analisi dell’alberatura, al limite anche senza passare per un card sorting. Infatti, qualunque albero di navigazione, anche il più arbitrario e bizzarro, può essere migliorato con questo strumento. Ovviamente se alla base c’è una buona organizzazione, i risultati sono migliori.
Una traccia per interpretare i dati
Come interpretare i dati di un’analisi dell’alberatura? E’ troppo lungo per entrare qui nei dettagli (ma esempi illustrati tratti da casi reali vengono fatti nel corso progettare navigazione e architettura dell’informazione). In generale, però dall’analisi dei comportamenti degli utenti, vanno compiute delle scelte di modifica dell’alberatura. Solitamente in una o più di queste direzioni:
- Va cambiata l’etichetta di una certa voce, per renderla più comprensibile rispetto agli obiettivi che deve soddisfare.
- Va spostata una voce in un altro punto dell’albero
- Va duplicata una voce in più punti dell’albero: non è affatto vero che questo non si debba fare o sia una pratica poco pulita. Il modo in cui organizziamo le informazioni mentalmente è complesso e spurio. Non c’è niente di strano se qualcuno di noi cerca un’informazione in posto e qualcuno in un altro. Questo test ve lo fa scoprire, e, in quel caso, è bene prenderne atto, perché rispetto al cambiare la testa degli utenti, rimane tutt’ora più economico cambiare l’organizzazione del nostro sito…
- Più raramente può capitare di dover modificare in maniera più consistente l’alberatura. Ma questo è più probabile se non si parte da una base di card sorting.
Le scelte vanno compiute sulla base del primo click, di quanto dispersi sono i percorsi. A volte tutti gli utenti cercano l’informazione in due o tre posti, altre volte ogni utente clicca in un posto diverso. Nel primo caso, è probabile che la voce vada duplicata; nel secondo vanno riviste le scelte in modo più ampio perchè abbiamo un segno evidente che gli utenti non hanno la più pallida idea di dove cercare.
La findability è un obiettivo difficile, ma, se si procede in modo corretto e ordinato, nient’affatto impossibile. Capendo chi sono gli utenti e cosa vogliono cercare, e utilizzando in modo corretto due semplici strumenti a disposizione del progettista, è possibile alzare il tasso di successo nei compiti di ricerca delle informazioni a tassi molto alti, vicini al 100%.
Questi temi vengono approfonditi nel corso Progettare la navigazione e l’architettura dell’informazione per favorire la trovabilità, dove verrà presentata l’intera procedura che parte dalla definizione dell’architettura dell’informazione tramite card sorting, passa attraverso l’interpretazione dei dati del card sorting, alla costruzione di ipotesi di alberatura e loro test successivo, fino alle modifiche che portano alle scelte di navigazione finali.