Un sito web può esser realizzato con una grande varietà di motivazioni: si possono voler mettere on line le foto delle vacanze, un blog personale, il curriculum vitae, una bella presentazione aziendale o il catalogo prodotti per i rappresentanti commerciali, ma qualunque aspettativa stia dietro al lavoro di produzione di un sito, si può far a meno di pretendere che il sito funzioni?
No.
Un sito deve funzionare.
“Siti che funzionano 2.0” è il brillante titolo scelto da Sofia Postai – uno dei web designer più conosciuti della comunità internet italiana – per mostrare una grande varietà di punti critici la cui risoluzione fa la differenza tra il pervenire a un sito che funzioni o meno.
Il libro è la seconda edizione di un titolo molto letto e apprezzato.
La prima edizione di “siti che funzionano” aveva colpito perché per la prima volta in Italia un libro sul web design si occupava del lavoro di costruire siti web partendo dall’attenzione dell’utente.
Dalla prima edizione sono passati tre anni, un arco di tempo durante il quale gli utenti sono molto cambiati - meno consapevoli delle peculiarità proprie di Internet ma capaci di cogliere meglio l’efficacia e la funzionalità di un sito- e le esigenze in relazione ad accessibilità e usabilità sono cresciute vorticosamente ponendo gli sviluppatori dinanzi a nuove sfide.
“Rivolgere lo sguardo ad altri settori del design”, scrive l’autrice, “e nella fattispecie a quelli di altri oggetti che devono funzionare, può aiutare a collocarsi nella giusta prospettiva per progettare un sito che funziona.
Prendiamo a esempio l’automobile: in questo campo non esiste contrapposizione (o diretta relazione) tra estetica e prestazioni. A nessun designer verrebbe in mente di proporre forme poco aerodinamiche, poco stabili, scomode da guidare, o con una disposizione creativa di volante, pedali, pulsanti.
Può darsi che mettere il freno al posto del clacson sia un’utile innovazione, che sia anche più pratico… ma la legge e il buon senso impediscono di farlo.”
L’ergonomia è una categoria anche cognitiva. Non deve confrontarsi solo con le misure medie del corpo umano, ma deve tener conto anche dell’insieme di conoscenze, abitudini, automatismi e routine che si innescano in ogni azione.
Un sito web non può esimersi dal tenerne conto, a meno che la sperimentazione non sia uno dei principali obiettivi del sito stesso.
Se sapete guidare un’automobile, siete in grado di guidarle tutte. Questo è meno vero nel capo dell’informatica e del web. Non in tutti i siti troviamo con comodità le informazioni che cerchiamo.
Talvolta siamo portati fuori strada da testi mal redatti o da un carattere che sul nostro monitor si vede molto male, forse alcune informazioni essenziali si trovano in un elemento che il nostro browser non renderizza correttamente, le informazioni potrebbero essere organizzate in modo tale che non riusciamo a scovarle, oppure l’interattività proposta è tale da scoraggiarci e spingerci a cercare da qualche altra parte le informazioni che ci servono.
In un mondo in cui ci sono moltitudini di siti a portata di click, perché ci si dovrebbe accanire a cercare informazioni in un sito che pare non funzionare?
L’autrice prende in esame tutte le problematiche che riguardano l’usabilità di un sito, dai contenuti all’interfaccia, dall’architettura dell’informazione all’uso della multimedialità, dalla typography al colore, dall’interattività al look and feel, proponendo esempi e soluzioni. L’usabilità della pagina, del sito e dei processi di interazione viene esaminata in dettaglio e scomposta negli elementi e nelle fasi che la costituiscono con l’intento di fornire delle utili indicazioni operative.